“L’importazione delle «culture wars» in Italia”
Anno
2023
Testata
Snaporaz
C’è di mezzo il mare, anzi un intero oceano: mettere a confronto la politica italiana e quella americana è sempre un esercizio difficile e sdrucciolevole, che non di rado porta ad analisi sempliciotte e in definitiva inservibili. Certo, Donald Trump ha mostrato tante consonanze con la stagione del berlusconismo, ma ve lo vedete l’immarcescibile Silvio sostenere attivamente l’attacco violento di un manipolo di facinorosi alla sede del Parlamento? E sicuro, la deputata simbolo della New Left della costa Alexandria Ocasio-Cortez incarna alcuni aspetti di un populismo di sinistra visto anche alle nostre latitudini, ma qualcuno riesce a rimanere serio mentre immagina una «AOL» iscritta al Movimento 5 Stelle o a Potere al Popolo?
E così via, insomma. Ma in mezzo a tante finte somiglianze si trovano – accade con una frequenza sempre maggiore – anche consonanze di interesse. Quella che in tempi recenti si è fatta più immediatamente ravvisabile è da ricercare al di là dello steccato del progressismo, tra i nuovi padroni della destra internazionale, e ha a che fare con un termine-mondo sempre più in voga: le culture wars.