“Ho visto l'ultima puntata di Game of Thrones senza aver mai visto le altre”
Anno
2019
Testata
Wired Italia
Primo Levi scrisse che “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, ed è con in mente questa citazione sulla Shoah indebitamente estrapolata e nessuna particolare aspettativa nell’animo che mi appresto a partecipare al mio battesimo del fuoco. Non ho mai visto Game of Thrones, nemmeno una puntata, per quel che ricordo nemmeno un trailer. Non vorrei farne una questione di ordine cosmologico: è andata così, e non tanto per uno di quegli snobismi di ritorno consci o inconsci, quanto perché il fantasy non è mai stato la mia tazza di tè, e un tentativo svogliato di anni fa si era risolto in un addormentamento precoce. La vita è quel che succede, no?
Ma qui non si parla di me: si parla dell’arte, della conoscibilità dell’arte, del trionfo del piano estetico su quello diegetico, e incidentalmente della storia della televisione, di questo mostro in cui Hbo ha trovato un asset da 1 miliardo di dollari, la serie tv più vista della storia del canale via cavo che ha reso grandi le serie tv, il titolo vincitore di 47 Emmy, eccetera. Chi sono io per spendere un’esistenza senza aver conosciuto il Trono di Spade? Mi sento come Jamie Lauren Keiles, la ragazza che nel 2016 scriveva un bel personal essay sul suo primo, epico e stralunato assaggio di una Coca-Cola, quella cosa che era sempre stata parte della sua quotidianità ma fino ad allora si era casualmente rifiutata di conoscere, bevendola.